L’11 ottobre 1962 iniziava a Roma il Concilio Ecumenico Vaticano II, con la presenza dell’allora Vescovo di Concordia, residente a Portogruaro, Monsignor Vittorio De Zanche. Quale data migliore per ricordare questa figura che, al di là della rilevanza dottrinale e pastorale, ha significato qualcosa di importante anche per la comunità civile di Portogruaro? Egli infatti è stato l’ultimo Vescovo della Diocesi di Concordia ed il primo Vescovo della Diocesi di Concordia-Pordenone, e comunque è stato, dopo quattro secoli, l’ultimo Vescovo a risiedere in Città.
Lo ricorda Monsignor Giuseppe Romanin, attuale rettore della chiesa “Del Cristo” a Pordenone, che per sedici anni è stato il suo segretario, in un corposo volume che non a caso porta come sottotitolo: “Frammenti di cronaca vissuta”.
Il libro infatti si basa sulla quotidiana familiarità tra il Vescovo e l’Autore, che può così metterne in luce anche gli aspetti di carattere più umani: quel suo essere di poche parole, la sua passione per le edere e i gelsomini del giardino in palazzo vescovile, il tifo per Bartali, il rifiuto della Mercedes che il Commendator Furlanis avrebbe voluto regalargli, le sue amicizie che anticipavano i tempi dell’apertura come quella con l’ateo grande latinista Concetto Marchesi, il suo parlare quasi sempre in dialetto.
Nacque a Caselle di Selvazzano in provincia di Padova il 23 giugno 1888, quinto di nove fratelli. Viene ordinato sacerdote il 26 luglio 1913. Sarà al fronte come cappellano militare nella Prima Guerra Mondiale guadagnandosi anche una decorazione. Come era diventato sacerdote alla vigilia della Grande Guerra, diventa Vescovo quando è già scoppiata la Seconda Guerra mondiale: il 9 agosto 1940. E gli viene assegnata la Diocesi di Montefeltro. Torna nel suo Veneto nel 1949 quando, dopo la morte improvvisa di Monsignor Vittorio D’Alessi, viene nominato, il 23 settembre, Vescovo di Concordia. Morirà il 14 aprile 1977, col titolo di Vescovo di Concordia Pordenone, dopo che già dal 1970 era sostituito al governo della Diocesi, dopo una grave malattia che lo aveva colpito, dal coadiutore con diritto di successione Mons. Abramo Freschi, che fisserà la sua residenza a Pordenone, mentre Monsignor De Zanche continuò a risiedere a Portogruaro.
Visse dunque in Città per 28 anni e la sua storia si intreccia con la vita civile e politica della Portogruaro del dopoguerra di cui il libro restituisce un interessante spaccato, ricco di episodi e particolari inediti.