2020/ Mag – Massimo Giacomini

Conclusione del XXX Anno Accademico

Incontro  con

MASSIMO GIACOMINI

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Questa era la formazione del Milan di Nereo Rocco nella stagione 1967-68 in cui vinse lo Scudetto. Il terzo in alto da sinistra, con una mano sulla spalla di Giovanni Trapattoni era il centrocampista friulano Massimo Giacomini. Si riconoscono altri grandi campioni, a partire da Gianni Rivera…

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Massimo Giacomini è nato a Udine il 14 agosto 1939

E’ stato calciatore professionista dal 1957 al 1973. Giocando nell’Udinese, nel Genoa, nella Lazio, nel Brescia, nel Milan (scudetto nel 1968), nella Triestina, giocando ai massimi livelli 371 partite di Campionato. Allenatore dal 1973 al 1996: con Udinese, Treviso, Salernitana, Milan, Torino, Napoli, Triestina, Perugia, Venezia, Brescia, Cagliari. Dal 2007 al 2010 è stato responsabile del settore giovanile e scolastico della FIGC. Svolge attività di commentatore televisivo. Insomma è uno che di calcio ne sa.

Ecco cosa ci avrebbe raccontato:

Intanto ti ringrazio per l’invito e saluto tutti gli iscritti all’Università della Terza Età del Portogruarese. Avremmo dovuto incontrarci di persona ma questo maledetto virus ce l’ha  impedito. Tuttavia io devo dire che per combinazione fu proprio un altro virus, quello dell’”Asiatica”,  che mi ha permesso di debuttare in serie A nel campionato 1957-58. 

Stavo all’Udinese ma avevo solo 18 anni e non avevo ancora finito il liceo classico. Si ammalarono diversi giocatori della prima squadra, tra cui l’unico straniero che si poteva avere quella volta, lo svedese Bengt Lindskog, che era un centrocampista come me.

Così venni mandato in campo contro il Milan (quello di Liedholm, Schiaffino, Maldini padre…) Pareggiammo 1 a 1. Quell’anno lo scudetto lo vinse la Juventus, fu la sua prima stella, davanti alla Fiorentina e al Padova.

Noi finimmo ottavi ma a pari punti con il Milan e l’Inter. L’anno dopo giocai insieme ad un coetaneo friulano che si chiamava Tarcisio Burgnich…

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Tarcisio Burgnich (Ruda, Udine, 25 aprile 1939)

Giampiero BONIPERTI

Ma non parliamo di me. Il vostro presidente mi ha chiesto che vi racconti dei più grandi campioni che ho incontrato durante la mia carriera. E io incomincerei da Giampiero Boniperti.

 

Giampiero Boniperti (Barengo, Novara, 4 luglio 1928)

Giampiero Boniperti (Barengo, Novara,  4 luglio 1928)

   Un giorno venni intervistato dalla Gazzetta dello Sport come uno dei più giovani giocatori della serie A, e mi chiesero quale fosse il mio modello di giocatore, a chi mi ispirassi insomma. Ed io non ebbi dubbi: a Giampiero Boniperti. E ne elencai le doti tecniche e umane.

Così, quando la Juventus venne a Udine, eravamo tutti in fila per entrare in campo. Boniperti era in testa alla sua squadra e io qualche posizione indietro con la mia. Al che ricordo che Umberto Colombo, un mediano della Juventus, gridò al capitano: “Giampiero, non hai salutato il tuo giovane tifoso qui?” indicandomi col dito. Boniperti, che era un tipo burbero e concentratissimo prima delle partite, gli disse di stare zitto e di pensare al gioco. 

Il mio compito era proprio quello di marcare il capitano juventino e lui si stizzì più di una volta perché gli impedivo di fare le sue giocate. Ma finita la partita la tensione si allentò e mi ringraziò per le mie parole che aveva letto sul giornale. L’ho incontrato altre sei volte e l’ho sempre marcato io. Una volta era proprio arrabbiato. Mi ha gridato: “Ma porca malora, tu sei bravo a giocare, e fa il tuo gioco in avanti no? Cosa stai sempre a rompermi sempre le palle a me!”

Devo dire che tutti i grandi campioni che ho incontrato avevano una caratteristica comune: erano estremamente corretti nel gioco, si fidavano della tecnica e non dello scontro fisico.

Video Youtube: Giampiero BONIPERTI

 

 

Luis SUAREZ

Un altro campione gentiluomo che ho incontrato spesso è stato Luisito Suarez (Pallone d’oro 1960).

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Luis Suárez Miramontes, detto Luisito (A Coruña, Spagna, 2 maggio 1935)

Ricordo che una volta, allora io militavo col Genoa, incontrammo l’Inter su un terreno pesantissimo.

Aveva tanto piovuto ed era molto difficile far avanzare la palla soprattutto a rasoterra.
Si fermava nell’acqua dopo pochi metri.
Vidi Suarez fare un giochetto di prestigio. Invece di fare subito il cross verso la nostra area, sollevò il pallone con lo scarpino e lo calciò al volo. Era un lancio di 30 metri che andò a pescare Jair da Costa in buona posizione.

Fortunatamente l’ala interista andò a finire in una pozzanghera, cadde per terra e non riuscì a segnare.

Ma io imparai quel trucchetto e lo misi in pratica anche in altre occasioni col terreno pesante, sempre contro l’Inter. Suarez se ne accorse e quando finì la partita mi batté la mano sulla spalla, come per dirmi: “Hai imparato bene la lezione eh?”.

Siamo restati amici. Quando è diventato allenatore della nazionale spagnola ed è venuto in Italia per i campionati del mondo del 1990, mi ha chiamato e siamo andati a pranzare insieme.

 Video Youtube: Luisito Suarez

Mario CORSO

 Un grande amico per me è sempre stato Mariolino Corso…

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Mario Corso (Verona, 25 agosto 1941)

Ci eravamo incontrati a Lignano, al mare, quando eravamo ancora due promesse, e ci siamo ritrovati poi a frequentare il corso di allenatori di Italo Allodi, un corso molto impegnativo che durava ben otto mesi.

Corso era gentile, timido, ma è stato uno dei giocatori più talentuosi in assoluto che io abbia incontrato.

Gli imputavano di giocare con un solo piede, il sinistro, ma con quel piede faceva ciò che voleva. Era come una mano. Pensate che di solito quando ti arriva un lancio, stoppi il pallone con l’interno destro. Lui invece lo addomesticava con l’esterno sinistro. Che se lo fa un altro la palla rimbalza e gli schizza via.

Non era molto veloce nella corsa, ma era rapidissimo da fermo. Quando te lo trovavi davanti non sapevi mai come ti avrebbe saltato, ma ti dribblava di sicuro.

A me ha fatto il “tunnel” più di una volta. E guardate che subire un tunnel è un’umiliazione che ti fa imprecare. Io li ho subiti perché mi mandavano in prima linea, sperando poi che il capitano Vincenzo Ochetta, che stava dietro a me, riuscisse a recuperare il pallone. Comunque non mi ha saltato proprio sempre eh! Qualche volta l’ho anche fermato…

Video Youtube: Gol top ten

Luigi MERONI

 

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Luigi MERONI, detto Gigi
Como, 24 febbraio 1943
Torino, 15 ottobre 1967

 Gigi Meroni l’ho incontrato in serie B col Genoa mentre lui ancora ragazzino giocava nel Como.

Ci trovammo davanti questo giocatore giovanissimo, capellone, stortignaccolo, con due “steccaroni” di gambe pelose e i calzettoni tirati giù. A tutto poteva sembrare tranne che a un atleta. Ma quando cominciammo a giocare ci accorgemmo a nostre spese che era un castigo di Dio.

Saltava sempre l’uomo che lo marcava. Non si sapeva come prenderlo. E ci segnò subito un gol mettendoci in svantaggio. Poi recuperammo e vincemmo per due a uno.

Anche perché Meroni non riusciva a tenere quei ritmi altissimi. Faceva sfaceli ma poi doveva regalarsi qualche lunga pausa sulla fascia destra.

Quando tornammo a Genova in pullman non facevamo che parlare di lui. Il capitano Ochetta ci chiese cosa ne pensavamo, e tutti dicemmo che quel ragazzo avrebbe avuto un futuro. E infatti l’anno dopo il Genoa lo comprò e lui divenne per qualche tempo proprio il mio compagno di camera.

Era un artista, sia in campo che fuori: dipingeva cravatte per le seterie di Como. Ed era stravagante come un po’ tutti gli artisti.

Sappiamo tutti la sua storia: a 24 anni morì investito da un’automobile quando era a Torino. A investirlo fu un ragazzo di 19 anni che si chiamava Attilio Romero: da adulto diventerà il presidente del Torino.

 Video Youtube: Gocce di leggenda: Gigi Meroni

 

Karl Heinz SCHNELLINGER

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Karl-Heinz Schnellinger
Düren, Colonia,
31 marzo 1939

Nella stagione 67-68 approdai al Milan, giocai una sola partita, ma vincemmo lo scudetto.

Lì ho conosciuto a fondo tanti grandi campioni. Sono rimasto particolarmente amico di Schnellinger: avremmo dovuto vederci a Milano, dove abita ancora, ma purtroppo questa maledizione del virus ce lo ha impedito.

Lui era un ragazzone tedesco dolcissimo. Aveva già fatto tre campionati del mondo con la sua nazionale. Nel ’66 era arrivato secondo nei campionati in Inghilterra.

La famosa partita del 4 a 2 per i padroni di casa. Con quel gol fantasma… Era estremamente permaloso. E quando uno dimostra di esserlo gli altri ci godono e concentrano su di lui gli scherzi e le prese in giro.

Era biondissimo e quando era sudato diventava rosso in faccia: lo chiamavamo “il gambero” e lui si incazzava. Negli allenamenti facevamo il gioco del “torello”. Cioè 16 giocatori si mettevano in cerchio passandosi la palla di prima intenzione, e altri due stavano in mezzo e dovevano intercettarla. Quando toccava a Karl stare in mezzo  gliene facevamo di tutti i colori, tanto che Rocco, che si divertiva anche lui, ci gridava “En no, ghe vol rispetto pal Tedesco. Ciò el xe el vice campion del mondo lui, mia un mona qualsiasi…!” E giù a ridere tutti quanti.

 Video Youtube: Karl Heinz Schnellinger

 

Nereo ROCCO

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Nereo Rocco
Trieste, 20 maggio 1912  
Trieste, 20 febbraio 1979  

 

Beh, come si fa a non ricordare il “Paron”?

Un allenatore che metteva insieme doti di tecnica e di umanità, e riusciva a creare nella squadra un vero spirito di corpo.

Anche con le sue battute proverbiali. “Chi credeo da eser, el Real Madrid?”, “Vinca il migliore? Speremo de no!”. Gli dicevano che usava il “catenaccio”, ma in realtà il suo era un mezzo sistema col battitore libero.  Ci riuniva e ci spigava lo schema coi ruoli di tutti, poi quando arrivava all’unica punta, al centravanti, invariabilmente diceva: “E qua metemo quel mona de Pierino Prati. No te te ofendi miga se te ciamo cusì…” Il realtà Prati non era mona per niente e quell’anno fu il capocannoniere del campionato. E abbiamo vinto Scudetto, Coppa Italia e Coppa delle Coppe. Insomma abbiamo fatto il “triplete”.

 A proposito della Coppa, che abbiamo vinto in finale battendo l’Amburgo, ce l’eravamo vista brutta contro il Liegi. Dovevamo fare zero a zero per superare il turno. Ma a un certo punto un belga ha tirato un calcione a Baveni e gli ha rotto una gamba. Quella volta non si potevano fare le sostituzioni e così siamo rimasti in 10 a fronteggiare questi che attaccavano alla disperata per approfittare del vantaggio numerico. Rocco addirittura ha tirato indietro Hambrin, che era una punta, per fare il libero in difesa. Cudicini, il portiere, era preoccupato e gridava a Rocco per sapere quanto mancava. E Rocco gli gridava:  “Tien duro che xe quasi finìa”.  E io che stavo in panchina gli dico ingenuamente: “Ma Mister, manca ancora un quarto d’ora!” E lui arrabbiato col dito sulla bocca: “Tasi ti! Spion de un furlàn!”

 Video Youtube: Nereo Rocco

 

Gianni RIVERA

Gianni Rivera

Gianni Rivera,
all’anagrafe Giovanni Rivera
Alessandria, 18 agosto 1943

Beh, Gianni. Cosa dire?

Pallone d’oro nel 1969.

Risolutore al campionato del mondo con la Germania del celeberrimo 4 a 3. Quando l’ho poi incontrato volevo quasi baciargli il piede. Rivera non si presta a tanti pettegolezzi. E’ sempre stato, come dire?, molto “disinfettato”, cioè si gentile, tranquillo, ma non ti dava tantissima confidenza.

Era concentratissimo nel gioco. Non giocava per il pubblico, non concedeva quasi mai giocate spettacolari, ma il suo gioco era estremamente produttivo per la squadra.

Mi ricordo una volta, una partita di coppa a San Siro, io ero in tribuna. A un certo punto gli arriva un lancio lungo sulla sinistra. Troppo lungo a mio parere. Invece vediamo che lui si affanna a rincorrere la palla. Strano, mi dico, Rivera non spreca mai energie per niente. Quando ormai il pallone era a mezzo metro dalla bandierina del corner, lui si allunga e riesce indirizzare la palla con la punta del piede contro il paletto. Quella rimbalza e torna indietro, lui sullo slancio gira intorno alla bandierina, recupera il pallone, lo mette in mezzo e Sormani di testa segna. Una magia!

E poi lo chiamavano “Abatino”, era stato Gianni Brera a inventargli questo nomignolo. Perché Rivera non era certo il tipo dello sfondatore, del giocatore tutto muscoli… Appariva fragile ma in realtà non lo era.

Mi ricordo una partita con la Fiorentina. Ha preso un calcio da Bertini. Gli ha provocato un orribile ematoma che gli arrivava dal gluteo fino al polpaccio. Ma lui non ha voluto fermarsi, ha fatto tutti gli allenamenti della settimana e la domenica successiva era regolarmente in campo.

E’ stato lui, quando è diventato dirigente del Milan, a chiamarmi a fare l’allenatore della prima squadra nel 1979.

Video Youtube: Gianni Rivera, il Golden Boy

 

 

Massimo GIACOMINI Allenatore…

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Ho giocato al calcio da professionista per 16 anni: dal 57 al 73.

Poi ho cominciato a fare l’allenatore. Le immagini testimoniano alcuni momenti di particolare soddisfazione. Le due ai lati riguardano le stagione 77-78 e 78-79, quando ho riportato l’Udinese dalla serie C fino in serie A. Erano anni duri per il Friuli del dopo terremoto e queste vittorie hanno contribuito a risollevarlo.

La foto in centro invece riguarda il campionato 80-81 col Milan. L’anno prima avevo portato la squadra al terzo posto in campionato, ma poi era stata retrocessa in B per punire la società dei pasticci degli anni precedenti. E l’anno successivo vincemmo il campionato di B e tornammo in A. Ma non si creda che sia stato facile.

Dovunque arrivasse il Milan quella era la partita dell’anno e le squadre del girone cadetto si impegnavano a morte pur di far bella figura contro di noi.

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La formazione dell’Udinese di Giacomini anno 77-78 (promozione in serie B). L’anno successivo promozione in serie A dopo ben 17 anni.

 

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La formazione del Milan allenata da Massimo Giacomini nel campionato 79-80. E’ l’ultimo anno delle carriere di Ricky Albertosi e di Fabio Capello. La squadra arriverà terza in campionato ma sarà retrocessa in B per illecito sportivo.

 

Il Milan 80-81 che torna in A. E’ la squadra di Collovati, Baresi, Maldera…

Il Milan 80-81 che torna in A. E’ la squadra di Collovati, Baresi, Maldera…

 

 

Ecco, da allenatore vorrei ricordare soprattutto due giocatori, uno è Fulvio Collovati, un friulano come me, di Teor.

Fulvio COLLOVATI

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Fulvio Collovati
Teor, Udine, 9 maggio 1957

Fulvio ha avuto tante soddisfazioni.

Ricordiamo solo che è stato campione del mondo nel 1982 nel mondiale di Spagna. E’ stato uno stopper eccezionale: grande tecnica, senso del tempo negli anticipi, gran colpitore di testa.

E poi nonostante fosse già in Nazionale con Bearzot (altro friulano)  dimostrava sempre un grande attaccamento alla maglia del club. Pensate che allora la Nazionale giocava spesso di sabato. Il giorno dopo veniva sospeso il campionato di serie A, ma non quello di serie B. E noi nell’80 eravamo purtroppo i serie B. Fulvio tornava a casa dalla partita in Nazionale  magari anche tardi di notte,  stanco morto. Io gli dicevo: “Riposati, ti sostituisco”. Ma lui protestava: “Non si fida di me Mister?” E dovevo mandarlo in campo a giocare anche la domenica.

Video Youtube: Fulvio Collovati, stopper

 

Franco BARESI

Franco Baresi, all'anagrafe Franchino Baresi Travagliato, Brescia, 8 maggio 1960

Franco Baresi, all’anagrafe Franchino Baresi
Travagliato, Brescia,
8 maggio 1960

 

L’altro è  Franco Baresi, anche lui campione del mondo nel 1982 e vice campione nel 1994.

In quella famosa finale americana, con la nazionale di Sacchi, contro il Brasile (i rigori, l’errore suo e di Baggio…) dove Baresi giocò nonostante fosse stato operato al menisco solo 23 giorni prima. Era una vera roccia.

Io l’ho avuto in squadra quando era appena ventenne.

Secondo me il libero più grande di tutti i tempi è stato Gaetano Scirea, ma subito dopo viene Baresi.

Aveva un unico difetto, che parlava poco. Era molto taciturno. E per uno che giocava nel suo ruolo non era un difetto da poco, perché avrebbe dovuto comandare ai compagni. Anche Liedholn aveva osservato: “Gli manca solo la parola”. Ma era un difetto giovanile.

Dopo qualche anno divenne imperioso anche con la voce eccome che si faceva sentire. E’ stato sempre e solo al Milan vincendo tutto quello che si poteva vincere: sei Scudetti, tre Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, tre Supercoppe europee e quattro Supercoppe italiane.

Video Youtube: Franco Baresi

 

 

 Ecco, vi ho raccontato in sintesi alcune cose dei miei ricordi di calciatore e di allenatore. Naturalmente ne avrei tantissime altre da raccontare. Mi dispiace che non mi possiate fare delle domande e non posso quindi soddisfare le curiosità che certamente avrete intorno al calcio di quegli anni.

Speriamo che questa maledizione passi presto e che magari in futuro possiamo vederci di persona, com’era previsto per quest’anno. Un caro saluto e un augurio a tutti voi.

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Video Youtube: Giacomini parla di Nereo Rocco